venerdì 18 marzo 2011

ESCLUSIVA, Intervista a Pasquale Salerno, Commissario Tecnico dell’Italia Under 17 eliminata nella Fase Elite degli Europei 2011


In seguito alla cocente eliminazione della Nazionale Under 17 
si svolgerà in Serbia dal 3 al 15 maggio prossimi 
(varrà anche l'accesso ai Mondiali - Mexico 2011), 
siamo andati ad incontrare l’allenatore degli Azzurrini, 
per analizzare in profondità i motivi di questa inattesa débâcle. 
Approfittando della sua squisita disponibilità, 
abbiamo provato ad estendere il discorso 
sulla situazione globale piuttosto preoccupante del calcio italiano, 
ormai arenato in una fase d’involuzione regressiva 
che comincia a scardinare le presunte certezze 
di un movimento forse non decrepito,
 ma sicuramente da ristrutturare con fermezza e lungimiranza.

Gentile mister Salerno, l’eliminazione in questa Fase Elite degli Europei è sicuramente un boccone amaro da mandar giù per tutto il movimento calcistico azzurro. Analizzando la classifica del girone, il bilancio appare piuttosto modesto (2 pareggi, 1 sconfitta, per giunta da padroni di casa); quali sono le sue impressioni a caldo?

Un vero peccato. Il nostro calcio sta vivendo momenti molto difficili, un’oggettiva crisi d’identità in cui stiamo commettendo l'errore di voler scimmiottare quel calcio che va per la maggiore in questo momento (vedi il Barcellona), senza tener conto che a quel tipo d'approccio ci si arriva con una programmazione lunga e meticolosa, che parta verosimilmente dalla base. Noi abbiamo cercato di giocare un buon calcio, fatto di organizzazione tattica e possesso palla, non siamo stati molto bravi a concretizzare con i gol il gioco espresso, questo è il rammarico maggiore, unito a qualche leggerezza di troppo in fase difensiva.

L’eliminazione brucia ancor di più perché la squadra ha denotato comunque delle buone qualità, al cospetto di avversari scorbutici da affrontare ma sicuramente alla nostra portata. Facendo i doverosi complimenti alla Repubblica Ceca (in cui c’era un pizzico d’Italia, col prestante difensore centrale della Juventus Luboš Adamec), possiamo dire che forse non è passata la compagine tecnicamente più valida?

Si è qualificata sicuramente la squadra più solida, quella che ci ha creduto di più e che ha messo in campo, con decisione e determinazione, tutto ciò che aveva. Il cuore, la grinta e la voglia possono fare la differenza, anche al netto delle lacune tecniche. I ceki hanno dato tutto sul rettangolo verde, non hanno mai mollato e si sono meritati la loro chance di disputare la Fase Finale in Serbia. Noi non siamo sempre abituati a farlo, e questo è un problema che si paga in campo internazionale.

Abbiamo notato un filo conduttore tra l’esperienza di gennaio al Trofeo Granatkin in Russia (dove comunque ci siamo confrontati con avversari d’età maggiore, tutti Under 18) e i tre sfortunati match del Girone 1: questa Under 17 è una squadra con prospetti interessanti, ma che nel complesso è mancata dal punto di vista della cattiveria agonistica e soprattutto sul piano fisico, più che sul profilo tecnico/tattico. Per farle un esempio, anche in Russia il nostro Lorenzo Tassi ha rubato l’occhio degli osservatori e vinto il premio speciale come “Best Technique Player” del torneo, nonostante la squadra si sia classificata ultima. Purtroppo, notiamo anche a livello Senior quanto le squadre italiane accusino spesso un gap atletico col resto d’Europa. In sintesi, ed estremizzando un po’ il concetto:
gli altri sembrano correre più di noi, o quantomeno la loro tenuta nell’arco della gara è maggiore.

Esatto, condivido in pieno. Per quanto riguarda il mio campo di competenza, ossia il panorama giovanile, il problema in Italia è che i nostri giocatori non disputano con regolarità partite impegnative sotto il profilo fisico-agonistico, 
e si trovano spiazzati quando incontrano squadre di questo tipo, già “tarate” a fronteggiare prestazioni di un certo spessore. E’ una questione piuttosto importante, se le gambe non rispondono è difficile far risultato. E non sottovaluterei il fattore mentale: la mancanza di abitudine a giocare su certi livelli è un handicap evidente, che pregiudica la concentrazione dei calciatori lungo i novanta minuti.

I suoi ragazzi hanno giocato tre partite molto diverse tra loro.
A nostro avviso, il rimpianto maggiore deriva dal fatto che, probabilmente, abbiamo dimostrato proprio contro i vincitori del girone le nostre migliori qualità, pagando tutto sommato solo due disattenzioni difensive.

Sicuramente. Contro la Scozia siamo partiti un po’ contratti, forse bloccati dall’emozione del match d’esordio, svegliandoci in ritardo nella ripresa, con avversari molto accorti in fase difensiva e dediti soprattutto a limitare i danni, bravi in ogni caso a strappare un punticino. Con la Repubblica Ceca, viceversa, abbiamo ingranato subito il ritmo giusto, trovando un bel gol e giocando un ottimo primo tempo, prima del decisivo black-out ad un quarto d’ora dal termine, quando abbiamo subito due evitabilissime reti in quattro minuti e pregiudicato la prestazione con l’incapacità di reagire per riequilibrare il risultato. Nella partita di chiusura con la Slovacchia, infine, abbiamo un po’ pagato psicologicamente la cocente delusione dell’eliminazione prematura, mantenendo comunque un buon possesso palla ed il pallino del match, pareggiando con merito allo scadere ed evitando in extremis un’altra sconfitta-beffa. Con più convinzione e determinazione avremmo potuto sicuramente far nostra la qualificazione, posto che comunque gli avversari non hanno rubato assolutamente nulla.

Un altro dato che preoccupa in chiave futura è la difficoltà nel trovare portieri e centrali difensivi davvero affidabili, basti pensare alle sfortunate esperienze dei suoi colleghi Francesco Rocca (Mondiale Under 20 di Egitto - 2009) e Massimo Piscedda (Europei Under 19 - 2010), laddove abbiamo pagato soprattutto gli errori del pacchetto arretrato, talvolta francamente imbarazzanti. Secondo lei, c’è una spiegazione razionale di questa crisi, specie in ruoli in cui un tempo la scuola italiana era straordinariamente assortita?

E’ evidente quanto ormai non si curi molto la tecnica applicata, a favore di troppi tatticismi, estenuanti e poco produttivi a lungo andare. In particolare, la marcatura nell’uno-contro-uno è stata un po' accantonata da tutti, ma sono convinto che di marcatori bravi ce ne siano molti in Italia: 
il problema è farli crescere, istruendoli con cura ed attenzione ed aiutandoli a migliorare con pazienza, colmando le lacune specifiche. Per quanto riguarda i portieri, credo sia principalmente un problema di pressioni esagerate che arrivano dall'interno e dall'esterno. Pretendiamo siano bravissimi già a dieci anni d’età, e non li lasciamo tranquilli di "sbagliare” con serenità.
Dagli errori s’impara, non si puo’ condannare un estremo difensore con giudizi troppo trancianti sin dai primi passi. D’altronde, le indecisioni capitano anche a campioni già affermati, figuriamoci ad un ragazzo inesperto cosa puo’ succedere… Nel panorama giovanile attuale ne abbiamo diversi, 
alcuni anche molto bravi.


Due curiosità su questa esperienza. La prima: ha proposto lei alla Federazione lo splendido scenario salentino, da oritano doc?
A Brindisi ancora la ricordano con grande piacere, da generoso mediano protagonista di una storica promozione in Serie C1 
nel 1984-85…

Sì, sono stato io ad avanzare la candidatura della Puglia come sede della Seconda Fase, e mi dispiace non aver regalato ai miei conterranei questa qualificazione. Devo ringraziare tantissimo il Presidente Regionale della Figc, il dottor Vito Tisci, per la sua disponibilità e per l'impegno profuso affinché la manifestazione riuscisse bene; e poi si sa, noi pugliesi siamo generosi ed ospitali, e la riuscita dell'organizzazione era scontata! Devo dire un grazie di cuore a tutti, in questo contesto. Sono contento che a Brindisi mi ricordino ancora, ho dato l'anima per quella squadra raccogliendo molto meno allora in termini di gratificazioni da parte di società e tifosi. Comunque è acqua passata, e mi fa piacere che adesso sia apprezzato. Chi è del posto non sempre viene considerato alla stregua degli altri, e questo è sbagliato.

La seconda: ha influito nelle convocazioni dei diciotto ragazzi la concomitanza con il Trofeo Città di Arco – Beppe Viola? Ha dovuto rinunciare a qualche giocatore in particolare per lasciarlo ai club impegnati nel torneo? Giusto per farle un esempio in questo contesto, abbiamo notato che Gaetano Monachello e gli altri interisti si sono resi protagonisti in Trentino, vincendo con merito.

Assolutamente no. Ho avuto carta bianca e ho potuto scegliere chiunque volessi, senza alcuna restrizione. Nella fattispecie, ho sempre portato diversi interisti nella Nazionale, ma quest'anno e proprio nel periodo delle convocazioni Simone Pasa (il capitano del mio gruppo, per giunta) 
era infortunato, mentre Monachello, Riccardo Fochesato e Matteo Colombi hanno trovato pochi spazi nella loro squadra, ed ho deciso diversamente.
Col senno di poi, forse avrei portato Giovanni Terrani, che in questo momento era in forma smagliante e mi poteva garantire più qualità 
in fase offensiva. Spero di portarlo presto in Nazionale.

A proposito delle convocazioni, abbiamo notato nei vari impegni degli Azzurrini parecchi cambiamenti nel reparto offensivo, a dispetto di una discreta continuità negli altri settori della rosa. 
In questa tornata ha dato fiducia al “tedesco-pugliese” Maggio, Daniele Abbracciante e la novità Daniele Gragnoli, nella Prima Fase dell’ottobre scorso c’erano con i primi due anche Matteo Colombi, Lorenzo Tempesti e Monachello a disputare il Gruppo 9 degli Europei dominato contro Cipro, Francia e Slovenia, poi nel corso 
di questi mesi ha voluto testare tanti nomi nuovi come lo juventino Stefano Padovan, l’atalantino Davide Cais, Cristiano Ingretolli, Centrella, Marsura ed il palermitano Gabriele Zerbo.
Ha trovato difficoltà ad individuare una coppia d’attacco “fissa”,
c’è qualcuno che magari l’ha delusa sul piano realizzativo o semplicemente ha voluto dar spazio a tanti ragazzi a seconda dell’importanza degli impegni?

Ero alla ricerca di qualcosa che mi soddisfacesse più di quello che avevamo a disposizione, e poi mi sembrava giusto vedere e dare la possibilità ad altri di mettersi in mostra. In quest’ottica, mi preme sottolineare che qualcuno dei ragazzi ha perso delle belle occasioni…

Dopo lo sfortunato match con la Repubblica Ceca, abbiamo notato la grandissima e giustificata delusione dei suoi ragazzi, davvero dispiaciuti per l’opportunità mancata. Eppure, nonostante l’eliminazione siamo tuttora convinti che ci siano individualità nel gruppo da tenere d’occhio nel futuro, soprattutto il bresciano Lorenzo Tassi e il romanista Valerio Verre.

Non mi piace fare nomi, da allenatore non credo sia giusto. Ad ogni modo, a parte qualche mia delusione personale su alcuni, ritengo che molti di loro possano arrivare a calcare grandi palcoscenici e giocare il calcio di altissimo livello, l’importante è restare con i piedi per terra e fare tesoro delle esperienze vissute, anche quelle negative come questa. Imparare dai propri errori, migliorare gradualmente nel proprio percorso, lavorare sodo sulle proprie lacune: la ricetta è quella, vale un po’ per tutti e deve essere sempre così.

Riesce a fare un paragone con la promettente “generazione 1992” dell’Italia, che lei ha guidato in maniera stupenda sia agli Europei di categoria che nei Mondiali 2009 in Nigeria, sconfitti solo dai futuri campioni della Svizzera e dopo aver dominato a larghi tratti, e questa del 1994? Alcuni dei ragazzi che ha gestito come Camporese, Carraro, Perin, Benedetti, El Shaarawy, Natalino e gli altri sono ormai sulla bocca di tutti, e sembrano rappresentare davvero una bella covata per la Nazionale del futuro. E’ fiero della loro crescita, dopo averli “svezzati”? Ritiene che questi del 1994 possano ripercorrere lo stesso percorso, o il livello è leggermente inferiore?

Con i ragazzi del ‘92 abbiamo condiviso dei momenti particolari, bellissimi ed indimenticabili. Il ritorno per loro in termini di gratificazione c'è stato immediatamente, con tanti esordi in Prima Squadra che mi hanno riempito il cuore di gioia. Li seguo ancora con affetto, e sono contento delle loro affermazioni personali. Quello che ho cercato di spiegare ai ragazzi del ‘94 era proprio l'importanza dell’occasione che avevano tra le mani anche loro, per cercare di non lasciarsela sfuggire e preparando al meglio tutto ciò che servisse ad "arrivare", lavorando sui dettagli e sulle piccole sfumature che fanno la differenza. Peccato non esserci riusciti, resta l’amaro in bocca ma sicuramente molti di loro avranno il tempo per rifarsi, sono pur sempre dei sedicenni.

Quali sono le prospettive e le sue intenzioni nell’immediato? Comincerà a preparare da subito la strada verso gli Europei 2012, convocando ragazzi del biennio 1995-1996 piuttosto che del 1994 per amalgamare il nuovo gruppo che verrà? Oltre a Lezzerini, Tassi, la novità Leonardo Capezzi e il pre-convocato Alessio Romagnoli
ci sono interessanti prospetti in quella fascia d’età come
Simone Perilli, i bergamaschi Barlocco e Cortinovis, i pescaresi Savelloni e Di Benedetto, il viola Paolo Marciano, i granata Mattia Aramu e Vittorio Parigini, i classe ’96 Francesco Di Mariano 
o Gennaro Tutino, e soprattutto l’empolese Emanuele Rovini
tra gli altri.

A mio avviso, credo sia giusto finire col valorizzare e mettere in mostra ancora i ragazzi nati 1994, anche perché quelli più piccoli possono giocare nell’Under 16 del collega Antonio Rocca. Vedrò insieme al mio coordinatore Arrigo Sacchi quali saranno le direttive da seguire.

Ultima domanda sul sistema-calcio giovanile italiano.
A causa del difficile ricambio generazionale nella Nazionale Maggiore,e alla luce anche delle deludenti prestazioni dell’Under 21 (eliminata dalla Fase Finale degli Europei e, di conseguenza, dalle Olimpiadi 2012), si comincia insistentemente a parlare di una rivoluzione strutturale dei campionati giovanili italiani, magari abbassando l’età del Campionato Primavera ed introducendo le squadre-B direttamente in Lega Pro o comunque in categorie agonisticamente più probanti e formative per un giovane talento, rispetto all’atmosfera “ovattata” e forse troppo protettiva dei Campionati Giovanili Nazionali. Qual è la sua posizione a riguardo? A nostro modo di vedere, c’è anche un problema culturale alla base: parafrasando una fortunata pellicola cinematografica, 
l’Italia non è un Paese per giovani?

Beh, questa è veramente una bella domanda, che meriterebbe senz’altro dibattiti molto più ampi ed approfonditi! C'è sicuramente bisogno di dare una sterzata al movimento calcistico italiano, lavorando in profondità e non in maniera superficiale, a patto che si cominci dalla base…
Mi riferisco, tanto per cominciare, alle infrastrutture ed alla scuola, la componente didattico-pedagogica è essenziale. Ripeto, non si puo’ scimmiottare il calcio che va per la maggiore in questo momento, seguendo un’onda lunga emozionale o una “moda”, senza mettere le mani al settore dalle fondamenta. Manca una vera e sana propensione al bel gioco, alla mera qualità, sacrificata troppo spesso sull’altare della “vittoria a tutti i costi”, e questo non fa sicuramente crescere i nostri ragazzi; in particolare, mancano serenità e cultura della sconfitta sui nostri campi, e bisognerà cominciare a capire che c'è qualcuno (forse in troppi…) che sta andando ben più veloce di noi. E’ doveroso rimboccarsi le maniche e lavorare sodo affinché s’inverta celermente la rotta e si rovesci questa sorta di inerzia negativa, senza crogiolarsi sugli allori del passato o arroccarsi su posizioni troppo conservatrici. Paradossalmente, credo che l'ultimo Mondiale vinto ci abbia portato più svantaggi che vantaggi in termini progettuali; se è vero che fu una vittoria di cui andare giustamente orgogliosi, è altrettanto doveroso ricordarsi che da allora sono passati cinque anni, e tanta acqua sotto i ponti… Soprattutto perché, ribadisco, intanto gli altri movimenti calcistici sono cresciuti vorticosamente e non si sono certo fermati ad aspettarci o applaudirci. Ad ogni modo, non è mai troppo tardi per risollevarsi, e non credo che un atteggiamento disfattista aiuti ad affrontare meglio le problematiche. Abbiamo sicuramente alcuni tra i migliori talenti al mondo qui in Italia, è ora di far giocare in Prima Squadra i nostri giovani senza andare a pescare troppo nei giardini dei vicini.
Coraggio e fiducia nei vivai: queste sono le strade da battere con determinazione, il più presto possibile.

Marco Oliva per FUTBOLANDIA DREAMIN'

2 commenti:

  1. gran bella intervista, molto interessante.

    Per giunta, Pasquale Salerno ha pagato colpe
    no certo sue, ma la FIGC e le società di Serie A
    non vogliono assumersi le loro responsabilità!

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  2. ah dimenticavo: buon Natale da Vittorio,
    un vostro lettore da Potenza Picena - se posso
    permettermi: ma come mai avete chiuso il blog?
    Lo trovavo uno spazio molto importante nel web.

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